26 Ottobre 2022 | Alberto Mattei
Il Nomadismo Digitale Come Nessuno lo Ha Mai Raccontato Prima
Per la prima volta in Italia in occasione del Giffoni Film Festival 2018 si è tenuto un dibattito pubblico, serio e professionale sul nomadismo digitale. Una straordinaria opportunità di realizzazione individuale e di svolta economico-sociale. Ecco il resoconto dettagliato.
Photo by: Valentina Di Pasquale © Giffoni Innovation Hub
Circa un anno fa io e Giovanni, fondatore di Be Happy Remotely, considerato uno dei maggiori esperti al mondo di felicità al lavoro ed employee experience, abbiamo iniziato a confrontarci sui cambiamenti che stanno avvenendo nel modo di vivere e di lavorare delle persone nell’era del digitale.
Insieme abbiamo individuato un “filo rosso” che unisce la felicità, il lavoro da remoto e il nomadismo digitale..
Pian piano abbiamo iniziato a sviluppare una nostra visione di questo fenomeno che si sta delineando sempre di più come un movimento globale in crescita esponenziale e in evoluzione continua.
Il movimento dei Nomadi Digitali è composto da freelancer e imprenditori, ma anche e sempre più, da dipendenti di aziende di qualsiasi livello che, grazie al lavoro da remoto e alle tecnologie digitali, sono riusciti a conquistarsi la libertà di poter vivere e lavorare ovunque, ognuno seguendo le proprie aspirazioni ed esigenze personali.
Purtroppo, nonostante la forza di questo fenomeno, si è diffusa soprattutto attraverso i social network e nei vari gruppi Facebook, una versione acerba e pigra del nomade digitale.
Questa disinformazione ha finito per generare un’immagine stereotipata del nomade digitale, spesso associata a quella di un giovane viaggiatore che decide di mollare tutto e partire all’avventura, inseguendo il sogno di guadagnare qualcosa online per poter viaggiare e vivere costantemente in giro per il mondo.
Woman wearing bikini with laptop on her lap. Digital nomad © Di Puruan/Shutterstock
L’immagine stereotipata, venutasi così a creare, contrasta con quella reale fatta invece di imprenditori e professionisti talentuosi che scelgono il lavoro da remoto per essere più liberi e come dicono gli anglosassoni location-independent. La stessa libertà non significa però rinunciare alle proprie ambizioni professionali. La felicità è inoltre il loro orizzonte personale e professionale.
Io e Giovanni abbiamo sentito fortemente il bisogno di comunicare a tutti una visione più ampia e strutturata del nomadismo digitale. Abbiamo voluto fare chiarezza e portare una maggiore consapevolezza rispetto a questa rivoluzione “remota” che sta ridefinendo lo stile di vita e di lavoro di diverse generazioni.
L’Occasione è Puntualmente Arrivata!
Un giorno Luca Tesauro, visionario e indomito fondatore e CEO di Giffoni Innovation Hub, mi ha scritto una mail chiedendomi di organizzare una Round Table sul fenomeno del nomadismo digitale, da tenere in occasione Giffoni Film Festival nell’ambito della rassegna #NextGeneration2018.
Il messaggio di Luca è chiaro: “Temi come il nomadismo digitale – se seriamente considerati – potrebbero stravolgere letteralmente il nostro modo di vivere, creando delle nuove e interessanti opportunità anche per il nostro paese“
Quale migliore occasione del Giffoni Innovation Hub per confrontarsi seriamente e professionalmente sul tema del nomadismo digitale. Di fronte ad una platea internazionale di giovani innovatori provenienti da Asia, Europa, Centro-America abbiamo visto un profondo interesse a conoscere le nuove opportunità di crescita professionale e il futuro del lavoro, alla luce dei profondi cambiamenti attualmente in atto.
E così siamo partiti!
Io e Giovanni ci siamo messi subito a lavoro per mettere insieme un gruppo di attori e una rete di esperienze, differenti tra loro, che potessero testimoniare a 360° quanto le tematiche del lavoro da remoto, della felicità e del nomadismo digitale stiano modificando profondamente le modalità di lavoro, di creazione d’impresa e finanche lo stile di vita di milioni di persone nel mondo.
Il nostro obiettivo è stato quello di fare luce su questo fenomeno, cercando di prevedere quale impatto sociale potrà avere il nomadismo digitale sulla vita e sul lavoro di una nuova classe di ragazze e ragazzi che lavoreranno in modo nettamente diverso rispetto alle generazioni precedenti.
Photo Credit © levels.io
In verità l’obiettivo era molto più ambizioso: definire quali opportunità di crescita e sviluppo potranno crearsi a livello territoriale grazie a questa nuova generazione di professionisti in mobilità e alla continua ricerca di luoghi dove è bello vivere, lavorare e fare impresa con ritmi più lenti e una dimensione relazionale più umana. Esiste una concreta opportunità per favorire l’ingresso dei tanti piccoli e meravigliosi borghi italiani nel mercato globale.
Un Fenomeno Globale tra Nomadismo Digitale e Lavoro da Remoto
Così, dopo aver selezionato e invitato i nostri ospiti, il 23 Luglio ci siamo ritrovati tutti insieme all’Antica Ramiera, un antico opificio industriale nel Comune di Giffoni Valle Piana in provincia di Salerno. Questa è la sede del Giffoni Innovation Hub: un polo strategico e operativo in grado di elaborare, valorizzare e supportare progetti, eventi e format nel mondo della creatività, della cultura digitale e dell’innovazione.
Con parecchia emozione abbiamo iniziato il nostro round table di fronte alla community del “Dream Team”, composto da ragazzi e ragazze provenienti da Asia, Europa, Centro-America e protagonisti dell’edizione numero 4 della rassegna #NextGeneration.
Photo by: Valentina Di Pasquale © Giffoni Innovation Hub
Lavorare dove si vuole facendo della felicità il proprio orizzonte: il nomadismo digitale, prima ancora che una realtà, è una straordinaria opportunità di realizzazione individuale e di svolta economico-sociale.
Prima di iniziare la sessione di lavoro, Daniele Berti ha guidato una breve sessione di “yoga della risata” per mettere ognuno di noi a proprio agio e iniziare nel migliore dei modi la giornata…con una bella risata di gruppo!
© Giffoni Innovation Hub
Dopo una mia breve introduzione del fenomeno del nomadismo digitale e la presentazione di rito di tutti gli ospiti si parte subito con il dibattito, cercando di capire prima di tutto come e da dove ha origine questo fenomeno. Quale sarà l’impatto a livello globale nei prossimi anni? Per quale motivo dopo una rincorsa di secoli verso la stanzialità, abbiamo ricominciato, più o meno improvvisamente a riscoprirci nomadi? Nomadi Digitali per l’esattezza!
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Il primo illuminate intervento è quello di Fabiola Mancinelli: Dottoressa in antropologia ed esperta di turismo e cultura del viaggio, docente a contratto presso il Dipartimento di Antropologia dell’Università di Barcellona e ricercatrice, che dal 2016 studia il fenomeno del nomadismo digitale.
Il lavoro da remoto e il nomadismo digitale sono e saranno tra i trend più importanti del prossimo decennio.
Fabiola ha spiegando come la trasformazione teorizzata nel 1997 da Tsugio Makimoto e David Manners, autori del libro “Digital Nomad”, e convinti che chiunque avesse avuto accesso a tecnologie portatili presto sarebbe stato libero di poter lavorare ovunque potendosi spostare per il mondo, stia già avvenendo ma in proporzioni ancora più massicce rispetto a quelle immaginate dai due autori negli anni 90. Questo perchè la pervasività e la penetrazione della tecnologia mobile nella nostra società e nella nostra vita è stata notevolmente superiore rispetto alle loro previsioni.
Il nomadismo digitale si sta delineando oggi sempre di più come un vero e proprio fenomeno evolutivo, un ritorno al modo di vivere nomade ma in chiave diversa rispetto al passato. I nomadi digitali possiedono caratteristiche simili ma al tempo stesso profondamente diverse rispetto ai nomadi tradizionali.
I nomadi moderni non si muovono all’interno del territorio in cerca di cibo e acqua. Il modo di vivere nomade tradizionale era basato sull’evidenza che non fosse possibile possedere più di quanto si potesse portare con sé e questo ne impediva il loro sviluppo. La mobilità dei nomadi digitali, al contrario, offre grandi opportunità in relazione alla possibilità di cogliere, ovunque si trovino, le opportunità esistenti. Un’estensione degli orizzonti intellettuali e professionali, attraverso l’incontro di nuove culture, persone e luoghi, la cooperazione da remoto e su scala globale con esperti e aziende di tutto il mondo favorisce lo sviluppo di questo movimento.
Agli occhi dei giovani il nomadismo emerge sempre di più come una normalità nelle esperienze possibili. Soprattutto le nuove generazioni aspirano ad avere una vita molto più libera, non limitata dal possesso. Sognano di poter lavorare ovunque ci sia il wifi, di esplorare altri paesi, connettersi con altre persone, creare contenuti, sempre rimanendo totalmente mobili. Presto la distinzione tra lavoro e viaggio potrebbe non esistere più.
«Siamo una generazione che può vivere il mondo lavorando e contemporaneamente mettersi alla prova, crescere, conoscere persone simili, connettersi con nuove realtà locali: cosa ci deve frenare a farlo?» – Michael Youngblood, Co-founder di Unsettled –
Ascoltando le parole di Fabiola abbiamo avuto la netta sensazione che, nella modernità occidentale, un profondo e radicale cambiamento nello stile di vita e di lavoro delle persone sia già iniziato.
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Dopo Fabiola è la volta di Marcello Mari, nomade digitale dal 2011, giornalista freelance ed esperto internazionale di marketing e comunicazione digitale, che ora si occupa a tempo pieno di blockchain e crypto currencies. Marcello ha fatto parte di numerose ICO di successo. Ha creato e gestito il team Blockchain e ha contribuito a creare il white paper per raccogliere 575 mln di $. Recentemente con SingulairtyNET, insieme a Sophia il Robot umanoide, ha raccolto 36 mln $.
L’intervento di Marcello è stato davvero entusiasmante e motivante. Marcello nato a Comacchio in provincia di Ferrara, ha vissuto la sua prima esperienza all’estero all’età di 16 anni per un anno di scambio negli Stati Uniti. Da lì ha continuato sempre a muoversi seguendo la strada delle sue passioni. Il viaggio per lui ha rappresentato lo strumento (e non il fine ultimo) nella ricerca di se stesso, sia come uomo che come professionista. Questo gli ha permesso di non rimanere fermo ad aspettare, ma piuttosto di andare incontro alle tutte le opportunità professionali che il mondo di volta in volta poteva offrirgli.
Prima negli Stati Uniti, poi a Londra da dove racconta storie di innovazione italiana, scrivendo per diversi magazine e blog tra i quali Wired, The Guardian, StartupItalia e CheFuturo, poi in oriente con laptop e zaino in spalla e ancora negli States, fino alla scoperta del mondo della blockchain che è diventata la sua passione e la sua nuova professione.
“L’ambiente che ci circonda modifica il nostro modo di vedere le cose e ci dà la possibilità di esplorare nuovi mondi, fatti di nuove esperienze, scoperte e passioni che si intrecciano continuamente.“
Marcello ci racconta come la tecnologia digitale abbia aperto delle opportunità delle quali le generazioni precedenti non hanno mai potuto disporre. Oggi grazie a questi mezzi, possiamo non solo lavorare da remoto, ma decentralizzare il mondo del lavoro, ribaltando completamente le dinamiche classiche che avvengono normalmente all’interno di un’azienda.
“Non avere un ufficio per me è stato un vantaggio! Una carriera tradizionale vivendo e lavorando 10 ore al giorno chiuso in un ufficio, non mi avrebbe mai permesso di scoprire tante opportunità, di arricchirmi personalmente e diventare ciò che volevo davvero diventare!”
L’intervento di Marcello non è stato un semplice resoconto della sua vita, ma una vera e propria chiamata all’azione per tutti coloro, giovani e meno giovani, che oggi stanno lì fermi ad aspettare che qualcosa o qualcuno offra loro l’opportunità che stavano aspettando. La verità è che non si va da nessuna parte se ci si vuole sentire sicuri e strutturati, bisogna viaggiare, muoversi e andare incontro alle opportunità che la vita ci offre.
Occorre trovare il coraggio di farlo senza temere di sbagliare. Il mondo è pieno di opportunità bisogna solo andarle a prendere mettendo le ali ai nostri sogni e senza paura di inseguire le nostre vere passioni.
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Dopo gli interventi di Fabiola e Marcello, prende la parola Giovanni Battista Pozza che nel dibattito sul nomadismo digitale introduce il tema del lavoro da remoto e della felicità al lavoro.
Giovanni spiega come oggi il tema della felicità stia tornato prepotentemente di attualità anche nelle organizzazioni, sia negli Stati Uniti che nei paesi europei. D’altronde il lavoro occupa gran parte della nostra vita e cercare la felicità nella nostra quotidianità, sia personale che professionale, risulta più che legittimo, oltre che necessario.
Partendo da un’esperienza personale di vita e di lavoro tra Italia e il Costa Rica, Giovanni si è accorto di quante persone vivono il nomadismo digitale, e la libertà di lavorare in remoto da qualsiasi luogo, non solo come un’opportunità per viaggiare, ma soprattutto come uno stile di vita che permette loro di essere più felici.
Ognuno ha il proprio stile di vita ma è indubbio che molte persone che lavorano da remoto hanno scelto di vivere e lavorare in luoghi che li rendono più felici, magari luoghi lontani dagli affollati centri urbani, altri in zone d’Italia dove hanno riscoperto la bellezza dei borghi Italiani e il valore del tempo vissuto più lentamente, altri conducono uno stile di vita che li porta a viaggiare per il mondo.
La cosa maggiormente apprezzata di poter lavorare ovunque è la possibilità di lavorare e di essere nel luogo ideale nello stesso momento. Gli anglosassoni hanno coniato il termine “working holidays” per tutti coloro che lavorano da remoto e di fatto sono in un luogo di vacanza nello stesso momento. Possiamo quindi considerare il lavoro da remoto come uno strumento per trovare situazioni di vita più felice.
Benessere e ricerca della felicità diventano oggi priorità tematiche anche per le organizzazioni e non solo per l’individuo.
Tutte le ricerche accademiche e le sempre più numerose esperienze delle organizzazioni degli ultimi anni mostrano infatti come il miglioramento della felicità sul “posto” di lavoro offra significativi aumenti di profitto, di produttività e di innovazione, oltre a notevoli risparmi dei costi per l’azienda.
Quando le persone sono felici sono più creative, più empatiche, più innovative, lavorano meglio con gli altri, risolvono i problemi invece che lamentarsi di loro, sono più ottimiste, motivate e in salute, sono meno preoccupate di fare errori e ne fanno effettivamente meno, imparano più velocemente e prendono decisioni migliori.
Le aziende più felici riescono ad attrarre i migliori talenti del mondo. Quelle che adotteranno il “remote working” come modalità primaria di lavoro avranno la possibilità di accedere ai migliori professionisti indipendentemente dal luogo o dal paese in cui essi si trovino, senza doverle reperire o averle disponibili localmente.
Giovanni introduce così il contributo dell’ ospite successivo.
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Daniele Berti: Counselor, Happiness Coach e studioso di Felicità. Autore del libro “Da homo sapiens a Homo Felix: l’evoluzione della specie.” Daniele è anche “Ambasciatore di Action for Happiness Italia” e opera come consulente con aziende, enti e persone per diffondere le tecniche di benessere che portano alla felicità: consapevolezza, gestione delle emozioni e dello stress, spirito di squadra, e problem solving.
Daniele pur non essendo un nomade digitale, nel suo illuminate intervento ci spiega come la felicità sia una vera e propria competenza che tutti, come affermava Aristotele, possono imparare e portare nella loro vita con un po’ di studio e un po’ di applicazione.
“Imparare ad essere felici significa imparare ad accogliere ogni evento che la vita ci propone in modo sereno, ricco di significato e costruttivo per noi e per chi ci sta intorno”.
Non sono in molti a saperlo e di solito nessuno ce lo dice, ma il nostro cervello è una “macchina” meravigliosa ma se non gli diamo ossigeno, è come una Ferrari senza benzina, non va da nessuna parte. Il cervello con poco ossigeno fa fatica a capire, a ragionare e ad attivare le sue meravigliose potenzialità creative. Il cervello in uno stato positivo invece apprende più velocemente, è più creativo e intelligente per effetto di una serie di sostanze che produce, come la dopamina e le endorfine.
Oggi il primo nemico della felicità al lavoro è la competizione perché crea stress e riduce la creatività. Collaborazione e gentilezza portano benefici soprattutto a chi le pratica. I lavoratori felici sono quelli che sentono che il loro lavoro ha un senso, e ogni lavoro può essere significativo se il tuo cervello dice che lo è.
“La verità è che possiamo infondere senso a qualsiasi attività lavorativa se ci focalizziamo sulla costruzione di relazioni, sullo sviluppo delle capacità o sul supporto che ne riceviamo… – Shawn Achor psicologo e autore di The Happiness Advantage –“
Portare la felicità in un’organizzazione, magari lasciando le persone libere di scegliere i luoghi e il tempo da dedicare al lavoro, è una delle procedure più potenti, e potenzialmente più economiche, per far schizzare in alto la produttività portando notevoli benefici non solo all’impresa ma anche agli stessi lavoratori.
Purtroppo lasciare le vecchie abitudini è molto difficile, così spesso invece di imparare ad essere felici preferiamo continuare a lamentarci. L’importante però è sapere che la felicità sul lavoro è possibile.
Le nuove tecnologie digitali aprono nuove prospettive nel mondo del lavoro. Oggi è possibile girare il mondo mentre stai facendo il lavoro che ti piace. Che sia questo un modo per essere felici oppure è la felicità ti aiuta a crearti questo modo di vivere? Questo è lo spunto di riflessione che Daniele ci lascia al termine del suo intervento.
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Guido Zaccarelli: Esperto e docente d’informatica, scrittore e autore del libro “La conoscenza condivisa. Verso un nuovo modello di organizzazione aziendale“ e “Dalla Piramide al Cerchio, la persona al centro dell’azienda”, ha codificato la teoria della Conoscenza Condivisa, secondo cui il futuro delle aziende deve creare luoghi di lavoro felicitanti e andare verso una maggiore valorizzazione delle persone, per porle al centro dell’ecosistema organizzativo, in grado di favorire uno scambio informativo e conoscitivo fondato sulla reciprocità.
Quel filo rosso che lega la felicità, il lavoro da remoto e il nomadismo digitale, di cui abbiamo parlato all’inizio, assume un significato ancora più profondo nelle parole di Guido.
Nel suo intervento Guido Zaccarelli ci spiega come, e perchè, aziende e istituzioni hanno oggi la necessità e l’obbligo impellente di adottare modelli organizzativi più aderenti ai bisogni e alle aspirazioni delle persone.
Un argomento di profonda attualità in un momento di diffuso senso di malessere personale che nel tempo ha contagiato l’intero agire sociale.
Le organizzazioni che vorranno sopravvivere, per ridurre i costi e competere con i mercati globali non potranno continuare ad aumentare all’infinito i ritmi incalzanti di produzione. Dovranno invece necessariamente porre il capitale umano al centro della loro attenzione.
In un futuro ormai prossimo la competitività di una azienda si misurerà dalla sua capacità di porre le persone nelle condizioni di donare le proprie idee agli altri e di condividere la conoscenza in forma circolare e non piramidale.
Per questo è necessario infondere a livello manageriale il senso etico di una nuova cultura aziendale che ponga la “Persona” al centro dell’ecosistema organizzativo, dove questa possa riconoscersi nell’azienda per identità e senso di appartenenza, dove la fiducia si sostituisce al controllo, attivando il potere delle relazioni e della condivisione come motore di tutto.
Il nomade digitale in questo contesto diventa la nuova figura professionale che sfrutta le moderne tecnologie dell’informazione e della comunicazione per lavorare da remoto, avendo al tempo stesso la possibilità di disporre del proprio tempo e delle proprie abilità in modo concreto e costruttivo. Lavorare da luoghi e in contesti felicitanti che di volta in volta possono risultare mutevoli in base al ciclo di vita che si sta vivendo, dove il punto di partenza e di arrivo è la serenità e il benessere personale.
Questa nuova generazione di professionisti, in crescita esponenziale a livello globale, non accetterà più di lavorare in aziende piramidali dove le persone non sono valorizzate, dove le attività sono concentrate sulla produzione di massa, sull’individualismo economico e di carriera, togliendo respiro alla creatività e al talento.
A chiusura del suo intervento al Giffoni Innovation Hub, Guido lancia per la prima volta il concetto di “Economia 5.0 della conoscenza condivisa”, rivolta ai giovani e ai nomadi digitali che presto potranno entrare in contatto con aziende che puntano sulla felicità, mettono la persona e il benessere individuale e collettivo al centro delle loro politiche.
E questo ci fa ben sperare!
Dopo aver ascoltato i nostri ospiti parlare di nomadismo digitale e felicità abbiamo affrontato un altro punto nella lista degli obiettivi della Round table: come il nomadismo digitale stia creando nuove opportunità di crescita e sviluppo del territorio.
Questi flussi migratori di professionisti sono infatti ben diversi dai flussi migratori che accadevano una volta. Ci troviamo di fronte ad un numero sempre maggiore di imprenditori e liberi professionisti, più in generale di talenti, che si muovono in tutto il mondo portando con sè un bagaglio di conoscenze e competenze digitali. Questo crea un terreno fertile per la nascita di nuove start-up e aziende innovative, proprio nelle nazioni e nei paesi che li ospitano.
Tra i paesi che hanno intuito le opportunità di questo nuovo trend è già iniziata la sfida per capire come poter diventare attrattivi per questa nuova generazione di lavoratori senza ufficio e senza badge. Molto più liberi delle generazioni precedenti.
L’Estonia è in questo momento un esempio concreto di quello che sta succedendo.
L’Estonia ha introdotto la E-Residence (residenza digitale) e un visto speciale che permetterà ai nomadi digitali e ai remote worker di lavorare e soggiornare legalmente nel Paese per un intero anno (offrendo inoltre la possibilità di visitare gli altri 26 paesi dell’area Schengen con un visto di 90 giorni). Questa piccola nazione sta creando un vero e proprio ecosistema per attrarre talenti digitali da tutto il mondo.
Il nostro paese sembra essere ancora lontano da questi flussi migratori mondiali e più indietro per quanto riguarda l’introduzione di modalità di lavoro flessibili: dove ad esempio non è necessario recarsi in ufficio e gli orari di lavoro sono flessibili.
Eppure anche in Italia ci sono aziende che si sono accorte dei vantaggi di un’impresa remota, ovvero di poter creare e gestire un’impresa da qualsiasi luogo, senza un ufficio, senza dover essere a Milano, Roma o in qualsiasi altro centro urbano. Tutti i collaboratori sono liberi di lavorare dove preferiscono. Allo stesso tempo questo modo di fare azienda remota permette di accedere ai migliori candidati su scala globale, senza doverli cercare nella stessa provincia o senza costringere le persone a trasferirsi per lavoro.
A testimoniarlo è l’ospite successivo, Francesco Biacca, che ci racconta come creare un’azienda liquida basata sullo smart working e su valori condivisi, non solo oggi è possibile, ma come questo modello sia anche una possibilità per creare nuove opportunità in territori che da sempre hanno visto un migrazione di massa, in cerca di lavoro verso le grandi aree industrializzate del nord.
Francesco Biacca: sviluppatore, Project Manager, amante del mare e fondatore di Evermind, un’azienda fondata sullo smart working e su un’organizzazione liquida ed orizzontale del lavoro, incentrata su tre valori positivi: fiducia, trasparenza e responsabilità. Ha scelto di tornare a vivere in Calabria dove lavora da remoto con gli altri professionisti di Evermind sparsi per l’Italia e l’Europa.
Francesco ci racconta come, dopo aver vagabondato un pò per l’Europa e in varie città italiane, abbia deciso di tornare a vivere nella sua terra, in Calabria, stabilendosi a Nicotera Marina, un piccolo borgo di pescatori sulla Costa degli Dei, da dove gestisce e dirige la sua azienda, Evermind.
Evermind è una smart working company che si occupa di: sviluppo software, strategie digitali e digital innovation, brand identity e formazione, con un orientamento specifico al settore turistico e immobiliare.
Evermind è costituita da un network di professionisti distribuiti per l’Italia e per l’Europa. Tutti lavorano da remoto in luoghi e paesi diversi, seguendo un’organizzazione liquida, orizzontale e non piramidale del lavoro (non ci sono capi, tutti sono allo stesso livello), incentrata su tre valori fondanti: fiducia, trasparenza e responsabilità.
Tutti i professionisti che fanno parte del network condividono una visione comune: i rapporti umani sono la leva principale di collaborazione. L’obiettivo non è produrre di più ma produrre meglio. Tutti i collaboratori contribuiscono alla crescita professionale e personale degli altri, in una logica di forte proattività.
Grazie all’utilizzo di moderni strumenti digitali e di collaborazione da remoto, ogni singolo professionista del network di Evermind è costantemente allineato su tutte le attività e sulla la situazione generale dell’azienda, in un modello trasparente al 100%. Al tempo stesso ognuno ha la garanzia di una corretta ed equa ridistribuzione della ricchezza tra tutti i professionisti del network.
Qualsiasi professionista del network di Evermind può gestire i propri clienti, avendo però la possibilità di proporgli una serie di servizi aggiuntivi che da solo non sarebbe in grado di fornire. Non ci sono capi, ma responsabili di progetto e referenti.
Francesco aggiunge come questo modello organizzativo, oltre a garantire una maggiore libertà personale, consente potenzialmente ad un professionista di diventare il centro focale sul territorio dove lui sceglie di vivere, contribuendo alla nascita di una comunità di professionisti che dialogano e si confrontano, agendo localmente ma pensando globalmente.
Photo by: Valentina Di Pasquale © Giffoni Innovation Hub
L’intervento di Francesco, ci da l’occasione per riflettere su come il lavoro da remoto e il nomadismo digitale portano ad una riscoperta dei luoghi dove è bello vivere e lavorare.
I professionisti e le aziende che lavorano da remoto hanno la possibilità di essere “location-independent”, quindi per lavorare o fare impresa non è più necessario vivere a Milano, Roma o nei grandi centri urbani di aggregazione del business.
Si ci mettiamo nella condizione di immaginare un movimento globale di professionisti, desiderosi di vivere nuove esperienze, di scoprire nuove destinazioni e di conoscere nuovi territori ricchi di cultura e tradizioni, che al tempo stesso hanno la possibilità di lavorare e fare impresa in luoghi dove si può vivere meglio, dove i ritmi sono rallentati, dove c’è un rapporto più intimo con la natura e magari il clima è più bello tutto l’anno, ci rendiamo conto di come l’Italia è piena di luoghi così, destinazioni che hanno tutte le carte in regola per diventare le mete dei lavoratori del futuro (e anche continuare a essere la casa di chi vi è nato).
Ecco perchè mi faceva molto piacere avere la testimonianza di una persona che non è nata e non vive in Italia, ma che ha una visione ben precisa delle potenzialità del nostro territorio, avendo intuito prima di altri come i nostri borghi potrebbero potenzialmente diventare i migliori uffici del mondo per i nomadi digitali provenienti da ogni parte del mondo.
Christine Michaelis: remote worker, autrice, marketing and creative Start-Up Coach, vicepresidente della European Start-Up Association e fondatrice Digital Nomad Town, la prima città per nomadi digitali al mondo, un progetto che sta cercando di avviare a Martis un piccolo paese nella provincia di Sassari (Sardegna).
Christine è nata a Berlino e da otto anni vive in Inghilterra, è autrice di diversi libri e fondatrice della “Creative Start-Up Academy Community“, attraverso cui aiuta e supporta personalmente persone e professionisti che vogliono avviare nuovi business creativi.
Christine ci racconta di essere innamorata del nostro paese in cui viene spesso anche per motivi di lavoro (attualmente sta collaborando all’organizzazione dell’European Startup Festival a Torino).
Durante uno dei suoi viaggi in Italia ha scoperto Martis un piccolo paesino in provincia di Sassari e, con la collaborazione di tre coraggiosi e visionari ragazzi: Giovanni, Serena, Andrea, e il supporto del sindaco, ha deciso di lanciare da qui il suo bellissimo e innovativo progetto:Digital Nomad Town™: la Prima Città al Mondo per Nomadi Digitali.
L’anno scorso sono stata a Martis come volontaria per la vendemmia. Mi sono innamorata di questo paesino e mi piacerebbe aiutarlo. Ci sono diversi progetti di volontariato che si possono fare, un’ altra ragazza vorrebbe aprire un ristorante nella vecchia stazione, un altro nomade digitale ha deciso di trasferirsi a Martis per cominciare un progetto ecologico. Ci cose che stanno succedendo a Martis e io voglio fare parte di questo. Per me realizzare questo progetto significherebbe anche potermi trasferirmi in Italia.
La visione che c’è dietro il progetto Digital Nomad Town™ è quella di creare dei luoghi dove i nomadi digitali e remote worker, provenienti da ogni parte del mondo possano incontrarsi, connettersi, lavorare e rilassarsi insieme. Con la possibilità al tempo stesso di impegnarsi nel creare delle comunità sostenibili e autonome, che possano portare nuove persone e creare nuove opportunità di lavoro e sviluppo nei piccoli comuni delle zone rurali che nel corso del tempo hanno assistito ad uno spopolamento.
Christine sostiene che l’Italia e bellissima, piena di tradizioni, cultura, il cibo è delizioso, le comunità sono ospitali. Questo il vero patrimonio che può attrae in Italia remote worker e nomadi digitali da ogni parte del mondo…e l’Italia è piena di bellissimi borghi e piccoli comuni in cerca di nuove opportunità per rilanciarsi.
Mi piacerebbe partire da Martis per realizzare questo progetto di sviluppo locale sostenibile, creare nuove opportunità di lavoro e ripopolare questo piccolo borgo, collaborando con la comunità locale per sostenere e incentivare l’economia locale, attraendo giovani con diverse competenze e offrendo ai Nomadi Digitali servizi e location per vivere e lavorare in modo più sostenibile per tutti.
Ma la visione più grande e di esportare il modello del paese di nomadi digitali in altre zone rurali per creare opportunità di sviluppo locale e una rete di paesi che collaborano tra loro.
Adesso ci sono più o meno 400 abitanti a Martis ma potenzialmente c’e spazio per 2500 persone. Il sindaco al momento è al lavoro per sensibilizzare gli abitanti locali, trovare strutture adatte per creare spazi di co-working, definire i finanziamenti necessari e sopratutto per risolve il problema di avere una connessione veloce ed affidabile ad Internet.
Le persone potrebbero comprare e ristrutturare le case a Martis e poi tramite noi affittare ai nomadi digitali che decideranno di venire qui per scoprire e vivere questa community.
Purtroppo però ci sono tanti problemi da risolvere.
Prima di salutarla chiedo a Christine di spiegarci quali sono i problemi più grandi che sta incontrando nel nostro Paese:
In Italia secondo me manca il supporto per creare nuove aziende, le tasse sono altissime, le leggi complesse e la burocrazia è pazzesca. Internet in queste zone rurali ancora non c’è o comunque non è sufficientemente. Anche la comunicazione con gli abitanti locali spesso non è semplice e la cultura digitale è ancora poco diffusa.
Speriamo di riuscire a risolvere presto questi problemi e far nasce in Italia e a Martis in particolare la nostra prima Digital Nomad Town.
Partendo dal racconto di Christine, il dibattito sul nomadismo digitale e sulle nuove opportunità ad esso correlate, prosegue aprendo un ulteriore spunto di riflessione.
Ma cosa cerca questa nuova generazione di professionisti liberi di vivere e lavorare ovunque, in una destinazione che temporaneamente chiamano casa?
E’ importante infatti capire, che i nomadi digitali a differenza dei turisti e viaggiatori tradizionali, non sono in vacanza ma hanno fatto una precisa scelta di vita che li porta a vivere e lavorare muovendosi in luoghi diversi. I Nomadi Digitali hanno voglia di sentirsi a casa pur essendo in luoghi diversi. Sentono forte il bisogno di creare relazioni abilitanti con persone simili a loro, con i territori e con le persone che lo abitano.
Ecco quindi che nascono nuove esigenze legate all’ospitalità di questa nuova generazione di professionisti-viaggiatori, che al tempo stesso diventano un’opportunità per differenziare e destagionalizzare la tradizionale offerta turistica e veicolare la comunicazione del territorio e delle sue eccellenze in maniera completamente diversa rispetto a come si è fatto sino ad ora.
Per chiarire e comprendere meglio questo concetto ho avuto l’onore e il piacere di invitare la dott.sa Roberta Caruso a raccontarci la sua storia e il suo bellissimo e innovativo progetto partito anche questo dal Sud Italia.
Roberta Caruso:Imprenditrice filosofica, CEO e fondatrice (insieme ad altri tre giovani calabresi Francesco Biacca, Gianluca Miceli e Maria Scalese ) di Home for Creativity un progetto di “coliving diffuso” che si propone di riconvertire case private e strutture ricettive tradizionali, situate in zone periferiche, in residenze condivise destinate a una nuova ospitalità di nomadi digitali, remote worker, creativi e viaggiatori ispirati.
Roberta inizia il suo intervento al Giffoni Innovation Hub raccontando la sua storia:
“Ho studiato Filosofia per passione, prima a Roma e poi a Bologna. Finiti gli studi, come molti altri giovani mi sono trovata di fronte ad un bivio: scegliere di tornare il Calabria nella mia terra di origine, oppure partire alla ricerca di nuove opportunità.
Decisi di prendermi una pausa e partii per un lungo viaggio negli Stati Uniti. Qui mostrando le foto del mio paese e della mia casa alle persone che incontravo, ricevevo sempre feedback entusiasti. Tutti mi dicevano che quello era un posto magnifico che avrebbero voluto conoscere e visitare.
Nel frattempo la mia casa di famiglia in campagna, costruita con tanti sacrifici dai miei genitori, stava diventando un fardello pesante a causa degli alti costi di gestione e di mantenimento. Ma come sempre dietro ad ogni problema c’è sempre un’opportunità!
Così mi venne l’idea di tornare in Calabria e trasformare la mia casa in una residenza condivisa per viaggiatori ispirati, creativi, nomadi digitali e remote worker in cerca di ispirazione, connessione, autenticità e lentezza.
Un luogo dove le principali pratiche della share economy si potessero incontrare per valorizzare le relazioni umane, il talento, le tradizioni, il territorio e il sapere antico e contemporaneo dell’ospitalità”
Nasce così, dall’idea di Roberta e dalla collaborazione con altri tre ragazzi calabresi ( Francesco Biacca, Maria Scalese e Gianluca Miceli) Home 4 Creativity, un progetto imprenditoriale che punta a creare una rete di spazi di coliving in Italia, attraverso la riconversione di case private e strutture ricettive tradizionali, situate in zone periferiche, in spazi di Coliving.
Il coliving è un nuovo modo di abitare ispirato che offre ospitalità (che può durare da una notte fino a 18 mesi), spazi di coworking e social eating, proponendo inoltre laboratori agricoli, attività creative, progetti culturali, percorsi e itinerari alla scoperta della bellezza dei territori che li ospitano. Una residenza condivisa creativa per abitare e lavorare nello stesso luogo, a contatto con altri professionisti, in contesti rilassanti e immersi nella natura.
Autenticità, lentezza e ispirazione sono le 4 parole chiave per avvicinarsi a questo nuovo modo di vivere e capirne il senso. La parola d’ordine è condivisione. Il coliving infatti chiede di vivere la casa come uno spazio intimo e di arricchirla di relazioni tra professionisti che basano il proprio concetto di lavoro su quello di networking.
In questa prospettiva il Coliving diventa la casa ideale per i Nomadi Digitali, che mettono in discussione un modello di vita basato sulla sedentarietà e sulla stanzialità, ma allo stesso tempo vogliono sentirsi a casa ovunque essi decidano di andare. Creare relazioni costruttive e abilitanti rientra infatti nei bisogni di ogni essere umano.
Ospitare e coinvolgere professionisti digitali provenienti da ogni parte del mondo, che hanno scelto di vivere uno stile di vita nomade, diventa anche una grande opportunità per valorizzare il patrimonio culturale, naturalistico enogastronomico di un territorio. Per comunicandolo all’esterno in maniera completamente diversa rispetto a come si è fatto sino ad ora.
Il progetto Home for Creativity, partito da Montalto Uffugo in provincia di Cosenza, da una meravigliosa residenza affacciata sulla valle del Crati ai piedi della Sila, ha da poco inaugurato la seconda sede nel Salento a Lequile a pochi chilometri da Lecce.
Con l’intervento di Roberta e le domande dal pubblico, si conclude questa magnifica Round Table sul nomadismo digitale. Un dibattito che ha visto la partecipazione di diversi ospiti e la visita a sorpresa del Presidente della camera Roberto Fico, che ha voluto fare il suo augurio a tutti i giovani innovatori e visionari che ogni giorno si impegnano per migliorare e cambiare in meglio il nostro Paese.
Photo by: Valentina Di Pasquale © Giffoni Innovation Hub
“Servono investimenti e leggi lungimiranti, perché innovazione significa anche innovazione nel modo di ragionare, innovazione nei modelli culturali che ci sono nel nostro Paese. Spesso sia la società sia le istituzioni viaggiano con dei paraocchi, si chiudono. Al contrario, dobbiamo riuscire ad ampliare l’orizzonte. Riuscire a fare questo significa innovare, perché si applica al mondo uno sguardo diverso”.
Speriamo che questo dibattito serio e professionale sul nomadismo digitale, iniziato qui al Giffoni Innovation Hub, possa essere solo l’inizio di un percorso virtuoso per riuscire a dare maggiore incisività, visibilità e credibilità a questo fenomeno che, prima ancora di essere una realtà, è una straordinaria opportunità di realizzazione individuale e di svolta economico-sociale per molti paesi, tra cui anche l’Italia…che purtroppo in molti sembrano aver già abbandonato.
Un ringraziamento speciale va agli ospiti che hanno accettato il nostro invito, a Luca Tesauro e alle bravissime ragazze dello staff organizzativo del Giffoni Innovation Hub: Adele Brunetti, Ilaria Cuomo, Irene Roberti Vittory, Valentina Di Pasquale che hanno reso tutto questo possibile.