21 Aprile 2015 | Luca Taglialatela
Trasferirsi in Un Paradiso Fiscale: E’ Davvero Possibile?
Ecco tutto quello che devi sapere se stai pensando di trasferirti a vivere in un paradiso fiscale!
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“Una volta che ho perso la residenza fiscale in Italia e me ne sono andato via posso star tranquillo? Ho chiuso definitivamente con il Fisco italiano?”
Se hai seguito i miei consigli (Come Rinunciare alla Residenza Fiscale Italiana e Andarsene all’Estero) a quest’ora mi starai leggendo da chi sa dove, ti sarai iscritto felicemente all’AIRE e starai sorseggiando una caipirinha sul lungomare di Bahia … almeno è quello che farei io.
Oppure sei già emigrato in un Paradiso Fiscale? Ormai terrorizzato dagli anni trascorsi in Italia…
Oggi si fa presto a parlare di Paradisi (di nome e di fatto) fiscali … ma cosa sono esattamente? È davvero impossibile trasferirvisi ? Il Fisco si arrabbierebbe parecchio?
Vediamo un po’ di capirci qualcosa.
Cos’è un Paradiso Fiscale?
A tal proposito torna utile la definizione che ne dà Wikipedia:
“Paradiso fiscale o rifugio fiscale viene comunemente detto uno Stato che garantisce un prelievo in termini di tasse basso o addirittura nullo sui depositi bancari. La ragione di una scelta del genere è più che altro politica: attirare molto capitale proveniente dai paesi esteri, fornendo in cambio una tassazione estremamente ridotta. Dal punto di vista del contribuente (…) il cosiddetto paradiso fiscale è in effetti un rifugio dalla tassazione sui redditi (…)”.
Cosa Succede se mi Trasferisco in un Paradiso Fiscale?
Per il fisco italiano, i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente ed emigrati in un paradiso fiscale continuano, udite udite, a considerarsi residenti in Italia, salvo prova contraria. Proprio così, non basta l’iscrizione all’AIRE stavolta.
Questo è perlomeno quanto stabilisce l’art. 2, co. 2-bis del TUIR (DPR n. 917/86) ai sensi del quale “la presunzione di residenza in Italia si applica ai cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati o territori diversi da quelli individuati con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, da pubblicare nella Gazzetta Ufficiale”.
L’onere probatorio del trasferimento della residenza è dunque ribaltato sul contribuente.
La Circolare Ministeriale n. 140/E/1999 ha precisato che la residenza fiscale è ritenuta, in via presuntiva, sussistente per i soggetti emigrati negli Stati o territori a fiscalità privilegiata “senza dimostrare la effettività della nuova residenza”.
Ma cosa vuol dire esattamente?
Vuol dire che se parti e te ne vai ad esempio a Panama, in caso di accertamento nei tuoi confronti da parte degli Agenti del Fisco, sarai tu a dover dimostrare che risiedi effettivamente in quel Paradiso Fiscale dimostrando, ad esempio, che dimori in un’abitazione panamense per gran parte dell’anno, collezionando bollette di utenze locali, ecc.
Normalmente, infatti, il cosiddetto onere probatorio è a carico dell’Agenzia Entrate.
Ciò vuol dire, generalmente, nel caso in cui l’Amministrazione finanziaria intenda contestare la residenza all’estero di un contribuente, sostenendone la fittizietà, è tenuta a fornire la prova di tale assunto, dimostrando la sussistenza, in Italia, della residenza o del domicilio.
È dunque il Fisco, che, una volta avviato un accertamento nei confronti di un contribuente, deve dimostrare di avere ragione e non viceversa.
Così non è, invece, come appena detto, nel caso in cui tu trasferisca la residenza in un paradiso fiscale.
Quali Sono i Paesi Considerati Paradisi Fiscali?
A seguito delle modifiche apportate dall’art. 1, co. 83 della L. 244/2007 (legge Finanziaria 2008), la presunzione di residenza in Italia si realizza per i cittadini italiani trasferiti in Paesi non inclusi nella nuova white list , da emanarsi con apposito decreto del Ministro dell’Economia e delle Finanze.
Ad oggi, tale cosiddetta “white list” (che dovrebbe annoverare i Paesi che NON rappresentano paradisi fiscali) ancora manca.
Di fatto, dunque, fa ancora fede la cosiddetta “black list” approvata con Decreto Ministeriale del 4 maggio 1999 la quale riporta pedissequamente l’elenco dei Paesi considerati Paradisi dal Fisco.
Eccoli qui:
- Alderney
- Andorra
- Anguilla
- Antigua e Barbuda
- Antille Olandesi
- Aruba
- Bahama
- Bahrein
- Barbados
- Belize
- Bermuda
- Brunei
- Costa Rica
- Dominica
- Emirati Arabi Uniti
- Ecuador
- Filippine
- Gibilterra
- Grenada
- Guernsey
- Hong Kong
- Isola di Man
- Isole Cayman
- Isole Cook
- Isole Marshall
- Isole Vergini Brit.
- Jersey
- Libano
- Liberia
- Liechtenstein
- Macao
- Malaysia
- Maldive
- Mauritius
- Monaco
- Monserrat
- Nauru
- Niue
- Oman
- Panama
- Polinesia Francese
- Sarik
- Seicelle
- Singapore
- Saint Kitts e Nevis
- Saint Lucia
- Saint Vincent
- Svizzera
- Taiwan
- Tonga
- Turks e Caicos
- Tuvalu
- Uruguay
- Vanuatu
- Samoa
Per chi nutrisse dubbi sulla bontà di Cipro e, soprattutto, di Malta, valga sapere che l’art. 2 del DM 27.7.2010 li ha eliminati dalla black list in argomento; stessa sorte è toccata alla Repubblica di San Marino in seguito ad un apposito decreto del Ministero dell’economia e delle finanze proprio di quest’anno (2014).
Quali sono gli elementi di prova da far valere contro il Fisco per dimostrare la propria buona fede e la non fittizietà del trasferimento?
Con riferimento all’attività di controllo nei confronti dei cittadini italiani “fittiziamente” emigrati all’estero, la C.M. 2.12.97 n. 304/E ha individuato una serie di elementi di prova utili al Fisco per contrastare le risultanze anagrafiche e assoggettare così i redditi dei soggetti emigrati in un paradiso fiscale a tassazione nel nostro Paese.
In soldoni, una volta avviato un accertamento nei confronti di un contribuente trasferitosi in un altro Paese, il Fisco verificherà se detto contribuente mantenga legami con il territorio italiano.
In particolare, il Fisco verificherà, o meglio chiederà al contribuente di dimostrare l’effettività di tutte quante quelle condizioni che già ti ho indicato ad apertura del mio precedente articolo “Come Rinunciare alla Residenza Fiscale Italiana e Andarsene all’Estero”, al paragrafo “Trasferire La Propria Residenza Fiscale all’Estero”, ovvero controllerà se il contribuente disponga in Italia di un’abitazione permanente, se mantenga una famiglia, accrediti proventi ovunque conseguiti, possegga beni anche mobiliari, partecipi a riunioni d’affari o rivesta cariche sociali, etc.
Inoltre, ai fini della prova contraria, il contribuente potrà utilizzare, anche nella fase extra-processuale, “qualsiasi mezzo di prova di natura documentale” atto a dimostrare:
- la “perdita di ogni significativo collegamento con lo Stato italiano”;
- e la “reale e duratura localizzazione” nel paradiso fiscale (C.M. 140/99, § 4).
Dunque, trasferirsi all’estero e, più precisamente, in un Paradiso Fiscale, è assolutamente possibile, ma, ancora una volta, bisogna farlo per davvero, senza mezzi termini e prendendo le giuste precauzioni nei confronti del Fisco le quali, se veritiere, dimostreranno senz’altro la vostra buona fede.
PS: Mi fa sempre piacere ricevere i tuoi feedback per capire se le informazioni che ti ho condiviso ti sono state di aiuto, purtroppo però, come potrai capire, per motivi di tempo non posso materialmente rispondere a tutte le eventuali domande che mi porrai qui nei commenti.