6 Dicembre 2024 | Alberto Mattei
Nomadismo Digitale in Italia: Serve Un Quadro Normativo di Riferimento
Lavoro da remoto e nomadismo digitale possono essere una grande opportunità per il nostro Paese, ma serve urgentemente un quadro normativo di riferimento. Ecco cosa ne pensa il Dott. Luca Furfaro
Photo by: JÉSHOOTS
Si parla sempre più spesso di nomadi digitali e dei risvolti economico-sociali che questo fenomeno globale può generare nei Paesi e nazioni che decideranno di attrarli.
Il nomadismo digitale è uno stile di vita e di lavoro che porta ad una naturale riscoperta dei luoghi in cui è più bello vivere e lavorare (da remoto). Si tratta di territori spesso ricchi di storia, cultura e tradizioni, dove le condizioni climatiche sono favorevoli, la qualità dell’aria è migliore e grazie ai ritmi meno frenetici, è più facile instaurare un rapporto intimo con le persone e la natura circostante.
E’ innegabile che dal punto di vista strettamente commerciale, le esigenze, le nuove pratiche abitative e di socialità di questi professionisti mobili, rappresentano un mercato innovativo dal potenziale di indotto notevole. Non a caso tra i Paesi che hanno intuito questa opportunità, già da tempo è iniziata la sfida per capire come diventare attraenti per questa nuova generazione di professionisti senza ufficio e senza badge.
Ad oggi infatti sono già 50 le nazioni del mondo che concedono visti speciali e agevolazioni fiscali per i nomadi digitali.
Il “Secondo Rapporto sul Nomadismo Digitale in Italia”, realizzato dall’Associazione Italiana Nomadi Digitali, dimostra come il nostro Paese abbia un potenziale attrattivo enorme agli occhi dei remote worker e nomadi digitali provenienti da diverse parti del mondo!
Quand’è che l’Italia Avrà il Suo Visto per Attrarre i “Digital Nomads”?
Un emendamento al Decreto “Sostegni-ter” approvato il 28 Marzo 2022, ha introdotto ufficialmente nel nostro ordinamento la figura del nomade digitale. Purtroppo però, ad oggi, nessun visto speciale per attrarre nomadi digitali è ancora disponibile in Italia. E non lo sarà fino all’emissione di un decreto ufficiale.
“Quando questo verrà emesso, solo il Signore lo sa!”
La verità è che nonostante questo fenomeno sia oggi una realtà concreta e in forte espansione a livello globale, in Italia manca ancora una consapevolezza reale delle opportunità che lavoro da remoto e il nomadismo digitale possono aprire per il nostro Paese!
Questo non solo da un punto di vista “turistico”, ma anche come opportunità per aiutare persone ed aziende a ripensarsi in un lavoro e in una vita migliore e come una possibilità concreta di sviluppo dei nostri territori ( soprattutto quelli marginali) in ottica di sostenibilità, innovazione sociale e attrazione di nuovi abitanti temporanei.
Da quanto detto finora emerge chiaramente l’esigenza di dotarsi di un quadro normativo di riferimento!
Come Associazione Italiana Nomadi Digitali, abbiamo recentemente istituito un “Comitato Tecnico Scientifico” composto da docenti universitari, studiosi di diversa estrazione, professionisti ed esperti di aziende pubbliche e private operanti nei settori interessati.
L’obiettivo del CTS è sviluppare una governance etica e credibile, un approccio metodologico basato su dati concreti, indispensabili per valutare le diverse progettualità, bilanciare rischi e opportunità ed orientare le politiche pubbliche a livello locale e nazionale.
Se vogliamo davvero riuscire ad attrarre e trattenere remote worker e nomadi digitali sui nostri territori è necessario infatti affrontare e risolvere una serie di problemi di carattere infrastrutturale, normativo, culturale e sociale che richiedono una supervisione e monitoraggio qualificato.
Quali Possono Essere le Opportunità e le Ricadute di Carattere Fiscale e Previdenziale del Visto Italiano per Nomadi Digitali?
Di recente ho avuto il piacere e l’onore di confrontarmi con il Dott. Luca Furfaro consulente del lavoro e welfare specialist, che sta conducendo una specifica ricerca sulle possibili criticità, opportunità e ricadute di carattere fiscale e previdenziale del “digital nomad visa” che il nostro parlamento ha approvato nel mese di Marzo con il decreto “Sostegni-ter”.
Le sue considerazioni, che condivido di seguito, sono estremamente interessanti ed evidenziano le opportunità e criticità che è importante valutare e iniziare ad affrontare.
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Dal punto di vista legislativo, come detto, possiamo trovare una prima definizione dei Nomadi Digitali nella legge di conversione del decreto Sostegni ter (Legge n.25/2022), che è stata pubblicata il 28 marzo 2022 e che li ha “censiti” per inserirli nel Testo Unico per l’immigrazione. Un primo passo verso questa definizione in ogni caso non completa, che dovrà essere seguita da una serie di ulteriori indicazioni, ma che ci rende evidente quanto il fenomeno sia esteso e quanto lo stesso debba essere normativamente gestito. Se noi infatti guardiamo alla normativa Italiana, ma in realtà anche alla gran parte della normativa europea, abbiamo una visione abbastanza arretrata del lavoro digitale. Ci troviamo di fronte ad un passaggio che, accentuato dalla crisi pandemica globale, ci vede di fronte ad un nuovo modo di lavorare, ma anche ad un nuovo modo di vivere. Tale fenomeno non deve quindi essere valutato solo sul fronte immigratorio, ma si apre ad ulteriori valutazioni di carattere fiscale e previdenziale. La norma come detto prevede l’inserimento tra le categorie di lavoratori stranieri ai quali è possibile rilasciare il nulla osta al lavoro per casi particolari anche i c.d. “nomadi digitali” e i lavoratori da remoto non appartenenti all’Unione Europea.
Tali lavoratori vengono definiti come “cittadini di un Paese terzo che svolgono attività lavorativa altamente qualificata attraverso l’utilizzo di strumenti tecnologici che consentono di lavorare da remoto in via autonoma ovvero per un’impresa anche non residente nel territorio dello Stato italiano”. Come accennavamo saranno necessari ulteriori passaggi per definire l’alta qualificazione di tali lavoratori e altri aspetti, ma ci si trova di fronte a lavoratori che possono essere freelance, ma anche lavoratori subordinati che svolgono la loro attività a distanza. Ciò comporta un più semplice accesso di questa tipologia di lavoratori nel territorio Italiano senza la necessità del nullaosta al lavoro ordinariamente richiesto dal TU sull’immigrazione. Dopo l’acquisizione del visto per l’ingresso è inoltre prevista la possibilità di rilascio di un permesso di soggiorno, valido per massimo un anno. Ma la stessa norma rimanda alla necessità di gestione dei lavoratori dal punto di vista previdenziale e assicurativo, ma è altresì da valutare anche l’aspetto fiscale. Seppure si lavori in rete, con colleghi da tutto il mondo, magari immersi nel metaverso, le valutazioni fiscali e previdenziali assumono una grande importanza per il presente ed il futuro dei nomadi digitali. Alcuni Stati hanno avviato delle misure fiscali, che seppure non rivolte direttamente ai nomadi digitali, possono interessare tale tipologia di lavoratori. In Italia infatti si parla di “rientro dei cervelli” ma lo potremmo leggere come una modalità attrattiva di alte professionalità, come appunto identificate nei nomadi digitali. Questo particolare regime porta i soggetti che entrano o rientrano in Italia ad una riduzione dell’imponibile fiscale che potrebbe arrivare sino addirittura (con determinati requisiti) ad una riduzione del 90% della base imponibile sulla quale calcolare le imposte. Non è da nascondere che il risparmio fiscale, insieme ad una serie di servizi essenziali come quelli legati al welfare statale, possa essere uno dei fattori che spinge i nomadi digitali a muoversi da un Paese all’altro come nel modello di Tiebout (modello del “voto con i piedi”). Dal punto di vista fiscale l’Agenzia delle Entrate è intervenuta in merito con la risposta a interpello n. 3 e con la successiva n. 55 del 2022, riconoscendo l’agevolazione fiscale e il regime impatriati anche ai lavoratori che facciano ritorno o intendano trasferirsi in Italia e che, allo stesso tempo, continuino a lavorare alle dipendenze del precedente datore di lavoro estero in modalità smart working. La disposizione pare quindi affrontare la “neonata” categoria dei nomadi digitali dando loro la possibilità di accedere a questo particolare regime di vantaggio. E forse, l’attrattività di un Paese potrà essere fondamentale per la propria competitività economica, generando, anche semplicemente con l’ospitalità dei lavoratori un volano di competenze e professionalità. Occorre quindi che si affianchino diversi temi che devono essere normativamente gestiti: Naturalmente occorrerà anche determinare la tipologia del nomade (autonomo o lavoratore dipendente) che porterà con se valutazioni anche in merito a obblighi previdenziali ed eventualmente alla creazione di una stabile organizzazione in Italia per il datore di lavoro estero. Dal punto di vista previdenziale il lavoratore che svolge attività sul territorio è soggetto al pagamento dei contributi previdenziali in Italia previsti per legge in ossequio al principio della “lex loci laboris”. Nel caso quindi di azienda estera senza filiali in Italia vi sarà la necessità di apertura di una posizione INPS con nomina di un rappresentante previdenziale che provveda alla redazione dei documenti necessari e degli obblighi contributivi generati. L’aspetto pensionistico, spesso sottovalutato in giovane età, dovrà essere tema centrale qualora si affrontino spostamenti in Paesi che non sono convenzionati con l’Italia, ma ovviamente ogni caso avrà una propria storia. Un intricato e complesso groviglio di norme che forse, per rendere l’Italia un Paese competitivo nell’attrattività, necessiterà di una semplificazione soprattutto sulla sua applicazione. Ci si aspetta quindi una stagione di forte rinnovamento sull’ambito del coordinamento delle diverse norme nazionali e sovranazionali, per offrire tutele ed obblighi ai nuovi nomadi digitali ma soprattutto per valorizzare l’impatto che le diverse professionalità possono portare al Paese.