13 Novembre 2013 | Francesco Wil Grandis
Il Futuro Appartiene a chi Crede nella Bellezza dei Propri Sogni
Cosa fa di un imprenditore, un imprenditore? E soprattutto, imprenditore è solo chi costruisce un’azienda da zero o è un'attitudine che tutti dovremmo sviluppare se vogliamo portare un cambiamento nella nostra vita? Ti racconto la mia esperienza e quello che ho scoperto in 8 anni di startup di impresa.
Photo Credit NomadAndre - Licenza CC BY-NC 2.5
Quando ero una bambina andavo in giro ad accarezzare e ringraziare i fiori, uno ad uno, per rendere il mondo un posto migliore, per il solo fatto di esserci.
Crescendo ho iniziato a farlo sempre meno, fino a smettere completamente e poi dimenticarmene.
Eppure dentro di me, da qualche parte, questa idea di “rendere il mondo un posto migliore per il semplice fatto di esserci” deve essere rimasta impressa e memorizzata.
Così a 18 anni mi sono iscritta ad Ingegneria Ambientale perchè mi sembrava un modo credibile ed adulto per contribuire al desiderio di rendere il mondo un posto più vivibile.
Alla fine dell’università ho scoperto per caso il mondo delle startup. Era il 2007, io mi ero appena laureata al Politecnico di Milano e ricordo che andai su Google a cercare il significato di startup, dopo averlo letto in un annuncio di lavoro.
Mettere a terra i sogni mi sembrava un bel modo per rendere il mondo un posto migliore. Così sono andata avanti.
A 26 anni mi sono trasformata da ingegnere a…un sacco di cose: passando dal commerciale al project management mi sono alla fine trovata a occuparmi di sviluppo business e operations.
Dopo 2 anni ho visto diventare una startup di 4 persone un’azienda di oltre 40.
Quando ho scelto di uscire nessuno capiva perchè: ero diventata responsabile new business di un’azienda, che intanto era diventata un gruppo, eppure mi svegliavo alla mattina e non avevo più il sorriso.
Era il 2010, avevo 29 anni, e pur arrivando da un successo mi sono per la prima volta trovata in crisi di fronte alla domanda:
“Ma io..che cosa so fare?”
Mi sono accorta che sapevo un po’ di tutto e niente nello specifico. E questo mi ha messo in crisi.
Quella è stata la prima volta che ho scoperto che sempre da una crisi si può creare la propria fortuna: avevo imparato, senza saperlo, cosa volesse dire avviare un’azienda da zero e ho scoperto che questo serviva a molti imprenditori nella fase iniziale dei loro progetti. Non sapevo dargli un nome però quando lo facevo funzionava.
Per i successivi 4 anni ho lavorato con imprenditori, ho fatto parte di alcuni team di startup, ho lanciato la mia (fallita..ma questa è un’altra storia!) e ho scoperto che anche da questa crisi ne potevo creare una fortuna, per la seconda volta.
Avevo sperimentato sulla mia pelle cosa volesse dire crederci, provarci, affrontare le difficoltà e poi fallire.
Questo mi ha messo in contatto con la mia parte vulnerabile eppure è stata proprio questa vulnerabilità ad essere la mia forza e la mia più grande alleata per arrivare, passo dopo passo, dove sono ora.
A distanza di alcuni di anni da quando tutto è iniziato ogni volta che guardo indietro c’è una domanda che rimbomba nella mia mente:
Cosa fa di un imprenditore, un imprenditore?
Sono stati pubblicati numerosi studi e statistiche nel tentativo di disegnare il profilo tipo di coloro che avviano progetti indipendenti.
Sarà che per le statistiche non nutro una grande simpatia, ad ogni modo nessuna di queste mi ha mai convinto troppo.
Nella mia esperienza ho osservato che ciò che fa di un imprenditore, un imprenditore:
- non è la formazione,
- non è l’esperienza pregressa,
- non è l’età,
- non è il genere nè la nazionalità,
- non è quanti soldi ha da investire,
- non è se ha già un’idea precisamente disegnata in mente quando inizia.
Ciò che fa di un imprenditore un imprenditore è semplicemente credere nella bellezza del proprio sogno, nella sua forza, possibilità ed inevitabilità.
Julie Meyer, imprenditrice e venture capitalist americana, ha dato in un bellissimo TED Talk di qualche tempo fa una definizione di imprenditore che ho amato subito: “Imprenditore è colui che vede il futuro e lo porta a noi”.
Da qualche anno si parla ovunque della necessità di sviluppare un’attitudine imprenditoriale non solo se si lancia la propria startup ma in qualsiasi contesto professionale si operi: nelle aziende si parla di intraprenditori, nel mondo del freelancing di solopreneurs, in sempre più università si sono iniziati ad insegnare corsi di imprenditorialità, oltre a quelli di management tradizionale.
Guardando a questa rivoluzione mi sono chiesta spesso quale sia il segnale che si nasconde dietro a un cambiamento di questa portata e personalmente credo che il segnale vero sia che c’è un grande bisogno di tornare a sognare e fare ciò che ci motiva nel profondo.
E crederci. Crederci con tutte le tue forze, perchè solo così puoi davvero realizzarlo.
Se vogliamo rendere il mondo (o anche semplicemente la nostra vita) un posto migliore credo che la strada, non unica ma di certo più semplice, sia partire da noi.
E’ sempre facile? No.
Non è facile perchè nel cammino incontriamo le nostre più grandi paure e resistenze, i nostri blocchi e limiti. Eppure ne vale la pena perchè passo dopo passo scopriamo che dietro alle nostre paure stiamo incontrando noi stessi.
Il viaggio nella libertà di essere sempre più noi stessi, ovunque questo lo renda possibile, è per me la possibilità più interessante
che il mondo del nomadismo digitale apre.
Questo è quello di cui ti parlerò su questo blog.
C’è un video che ti consiglio di vedere e che nel suo finale racchiude la sintesi di quello che ti ho appena detto. Parlando di sogni e di motivazione, l’autore americano Daniel Pink dice: “Sarà dura, eppure è l’unica via.”
.
E se in questo momento sei disorientato perchè non ti ho dato nessuna risposta e ho aperto in te un sacco di domande, allora siamo sulla strada giusta 🙂
Se hai voglia di condividerle ti invito a farlo nei commenti qui sotto, farai un dono a me e a tutte le persone che leggeranno 🙂
Foto Credit: NomadAndre
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